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Strategia

La fiducia.

Oggi il mio socio mi ha raccontato un episodio singolare. All’uscito del casello è stato affiancato dalla Stradale che gli ha contestato il fatto che non avesse la cintura allacciata. La sua risposta è stata “Agente, io allaccio sempre la cintura ma se lei mi dice che ha visto che ero senza cintura, è il suo lavoro quello di controllare quindi mi fido ed è corretto che mi faccia il verbale”. La risposta dell’agente è stata singolare ma ahimé quasi attesa: “mi sta prendendo in giro?”. 

Vedete, un poliziotto della Stradale fa questo di mestiere. Controlla che sulle strade gli automobilisti rispettino le regole e guidino il loro veicolo nel migliore delle maniere. Il fatto che il gesto che forse ha insospettito l’agente fosse il chinarsi per prendere una sigaretta poco conta. Una persona esperta, incaricata di controllare che i guidatori rispettino le regole ha visto qualcosa di non corretto ed è intervenuto.

Perché racconto questo? Perché alla base di qualsiasi lavoro fatto bene c’è sempre la fiducia. Quando prendiamo un aereo, ma anche un treno, una nave, un autobus, diamo a chi guida totale fiducia che ci porti a destinazione. Quando chiediamo ad un professionista un intervento nel suo campo, attendiamo con fiducia il suo responso ed agiamo in conseguenza alla sua risposta. E questo vale dal medico all’elettricista, dall’architetto al meccanico.

Sfortunatamente, per qualche strano motivo nel marketing e nella comunicazione, abbiamo tutti la sindrome del “Commissario Tecnico della Nazionale”. Tutti diciamo che abbiamo bisogno di un esperto ma poi quando ci viene consigliata una serie di azioni, non abbiamo fiducia nell’esperto e decidiamo di fare da soli. 

Se ci chiedono come commercializzare al meglio il prodotto nel mercato digitale e ad esempio rispondiamo che al momento la soluzione migliore è Amazon, non stiamo dando un consiglio da amico. La nostra risposta è basata su competenze specifiche che abbiamo maturato negli anni e che ci fanno dare una risposta piuttosto che un’altra. La comunicazione oggi è sempre più complessa e non banale da gestire.

Se chiedi un parere ad un professionista e decidi di pagare una fattura per le indicazioni, le tattiche e le strategie che ti fornisce, vuol dire che riconosci in lui una competenza che tu non possiedi. Sei un imprenditore, un direttore, un manager, non è il tuo lavoro occuparti di comunicazione.

Se chiedi un’opinione a qualcuno a cui riconosci una conoscenza, devi essere pronto a fidarti di lui. Se ti dice di andare a destra, la destra è la strada corretta. Se ti fermi in mezzo di strada e ti metti a discutere sul perché andare a destra invece che a dritto o a sinistra o indietro, stai perdendo il tuo tempo e quello del tuo consulente. 

Se un agente della stradale ha visto qualcosa di non corretto nel tuo modo di guidare, probabilmente non te ne sei accorto ma qualcosa è successo. Lui sta facendo il suo lavoro di proteggere te e gli altri mentre siamo alla guida. Quando chiedi ad una agenzia di marketing cosa fare per vendere di più e ti danno un piano di azione. Agisci. Il nostro lavoro è proteggere te e la tua azienda mentre stai facendo il tuo lavoro. 

Fidati di chi ne sa di più di te, lo hai pagato per questo alla fine dei conti.

Fidati di chi ne sa di più di te, lo hai pagato per questo alla fine dei conti.
Photo Credit: Pexel; Polizia di Stato
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Strategia

Questo foglio bianco sei tu.

Aiutaci a scrivere la comunicazione della tua azienda.
Oggi abbiamo deciso di rinnovare il nostro look grafico. Ormai è da un bel po’ che abbiamo definito il nuovo logo ma come sempre “il ciabattino ha le scarpe rotte” e abbiamo lasciato la nostra comunicazione ben ultima di fronte alle esigenze dei nostri clienti.
Cambiamo look ma la base del nostro lavoro è sempre la solita. Un paio di anni fa, in un incontro con un nostro cliente, venne fuori come battuta il fatto che nella seconda pagina della nostra presentazione doveva esserci un foglio bianco con la scritta

“questo foglio sei tu, aiutaci a costruire la comunicazione della tua azienda”

Quella che era una battuta per Marco, oggi è diventato il DNA del nostro lavoro e di come approcciamo ogni singola sfida posta dal cliente.

Per anni, da cliente, ho ricevuto presentazioni da agenzie di comunicazione e pubblicità composte da centinaia di pagine che si capiva immediatamente essere frutto di cannibalizzazioni di decine di altre presentazioni realizzate per altri clienti. A volte è capitato di leggere documenti con addirittura il nome di un altro cliente in qualche testo sfuggito all’aggiornamento. Io non dico che questo tipo di approccio sia giusto o sbagliato. Noi però non siamo così.

A noi non piace concentrarci sugli strumenti. A noi piace concentrarci sul perché è necessario fare un’azione o un’altra. In questi ultimi sei mesi, da quando abbiamo finalmente fatto chiarezza sulla nostra vision, mission e target market, ci siamo resi conto che il “perché” comprarci è diventato più importante del “cosa” comprarci.

Ed è proprio per questo che sempre di più in questi mesi abbiamo realizzato progetti, proposte, preventivi che partivano dall’analisi della strategia per il cliente, partivano dall’analisi degli obiettivi, dei risultati, dei prodotti, dei perché un prodotto viene acquistato da un cliente, piuttosto che sullo strumento da usare per promuovere il cliente.

Il foglio di carta bianca è diventato il nostro più potente strumento di presentazione. Spesso ci capita ultimamente di dire “abbiamo anche tutte le competenze per seguire tutta la parte operativa” e sembra quasi un’aggiunta a quello che abbiamo detto o una spiegazione di quello che abbiamo detto. 

Sappiamo fare un sito? Si. 
Sappiamo creare una presenza digitale corretta? Si.
Sappiamo lavorare sui social per raggiungere gli obiettivi richiesti? Si.
Sappiamo lavorare sulla grafica e sull’immagine coordinata? Si.
Sappiamo scrivere i contenuti e creare una reputazione positiva per il cliente? Si.

Ma non è questo che ci rende differenti. Queste sono cose che tutte le agenzie di comunicazione sanno fare. Alcune bene, alcune benissimo, alcune hanno spazi di miglioramento.

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Tendenze Web

Il marketing deve sposare tutti i metodi di digital payment.

Viviamo in un’epoca rapida, dinamica, distratta. La nostra attenzione dura sempre meno, come dichiarano allarmati studiosi e scienziati ogni giorno. Con un’attenzione “volatile” come quella del 2019, chi vende deve puntare molto sul acquisto impulsivo: vedo→ clicco→ compro e poi chi ci pensa più. Cosa può fare il marketing insieme alla tecnologia per spingere su questo versante?  La parola d’ordine è digital payment.

C’è chi ha già puntato tanto sull’innovazione dei pagamenti, a partire dalle banche, chiaramente.  Banca Intesa Sanpaolo è capofila con 11,9 milioni di clienti di cui 8 milioni sono clienti multicanale; il colosso bancario sta puntando in modo massiccio sulla digital transformation e su un pubblico sempre più giovane, per la precisione parliamo di un piano d’impresa 2018-2021 che prevede circa 2,8 miliardi di euro di investimenti proprio per l’innovazione digitale. Un esempio di pagamenti senza troppo pensieri sono i jiffy pay, oggi Bancomat pay, un servizio che permette l’invio immediato di piccole somme di denaro a un contatto della rubrica mediante l’app. Il trend sui digital payments infatti mostra un vertiginoso aumento della transazioni, ma si tratta perlopiù di piccole cifre.

Allora come si può muovere invece il marketing per sfruttare a suo favore un mercato di clienti sempre più impulsivi e distratti?

Innanzitutto occorre puntare su campagne studiate ad hoc per il mobile, perché come abbiamo accennato è lì che muove il nuovo mercato. I primi step è quello di esserci: non solo siti responsive, ma anche app dedicate se si ha un numero di potenziali utenti che giustifichi l’investimento. Sfruttare i social, chiaramente, concentrandosi sulla loro visualizzazione mobile infine rendere rapidissimo il passaggio tra presentazione prodotto/servizio e pagamento effettivo. Perché come dicevamo, l’acquisto è compulsivo e se il percorso tra incuriosire e transazione fosse troppo lungo, l’utente potrebbe essere distratto da 10 altre notifiche nel frattempo! Ma soprattutto il marketing non perde la sua natura, a prescindere dalla piattaforma che sfrutta.Quindi la cosa più importante è profilare e studiare le abitudini dei propri potenziali clienti.  

Ma anche i negozi fisici possono beneficiare dell’innovazione digitale che ha coinvolto il mondo dei pagamenti. Per loro si tratta di un’arma a doppio taglio, se non stanno al passo con i tempi rischiano di essere tagliati fuori, ma se riescono ad attrezzarsi possono fidelizzare e invogliare i clienti a spendere. Satispay è la risorsa più sfruttata per facilitare i pagamenti. L’app infatti consente di effettuare tramite smartphone pagamenti verso negozi o altri utenti, per un massimo di 200 euro a settimana. I contanti sono una specie in via di estinzione, soprattutto per alcune fasce d’età. I negozi che faticano addirittura ad attivare i pagamenti POS più tradizionali, nonostante gli esercenti siano obbligati per legge ad attrezzarsi per i pagamenti tramite bancomat, sono direi spacciati.

La direzione è quella di andare verso le operazioni meno tangibili, seppure perfettamente tracciabili. La sensazione di “aprire il portafogli” è sempre più pesante, molto più leggera è la sensazione di un click per ottenere, invece un bene tangibile in cambio. Anche in ambito Finance, a farla da vincitrice è la cosiddetta “experience” che deve essere positiva e incoraggiante, verso le prossime spese a cuor leggero!

Nei prossimi giorni però vi racconteremo i dettagli di quelli che sono i principali strumenti di digital payment analizzando al meglio pro e contro delle varie soluzioni.

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Contenuti

Il mio ghostwriter è differente

Quasi un annetto fa, la mia ghostwriter preferita si è divertita a scrivere un articolo sulla difficile arte del copy e di come i diversi clienti possano interpretare il risultato del tuo output finale, ma oggi invece voglio raccontarvi come da una banale news si possa andare a creare un articolo complesso e avvincente su tematiche al limite del paranormale.

Partiamo dall’inizio. Ormai da quasi due anni, noi scriviamo in ghost per un’importante realtà che opera nel mondo della sicurezza informatica. Tematiche complesse, divertenti, di moda estrema, avvincenti a volte quasi al limite della fantascienza e delle scenografie di uno 007.

Verso la metà dello scorso mese, in una delle mie tante serate a caccia di informazioni attraverso il mio fidato feedly, che mi aggiorna su qualsiasi argomento mi interessi, sia personalmente che per i clienti per cui lavoriamo, trovo un articolo molto interessante relativo ad un contest che si doveva tenere da lì a poche settimane in USA sulle migliori start up che operano nel mondo della cyber security.

Come sempre faccio, faccio il mio clic sulla pagina e bang. Mi trovo davanti ad una pagina con i nomi di tutte le start up invitate a questo contest e soprattutto leggo che tutti i precedenti vincitori degli enne anni prima avevano fatto un salto carpiato triplo all’indietro da fermo nel mondo sia della sicurezza sia della finanza. Insomma delle aziende col botto.

Cerco informazioni, convinto ormai che nel magico mondo del web ci sia una splendida landing page di presentazione dell’evento, di spiegazione delle company invitate, dei loro possibili speech di presentazione e … NULLA!

Cavoli. E adesso? Avevo un argomento fantastico, attuale, di cui nessuno aveva parlato in Italia, molto sexy, molto tosto e … non c’era nulla che mi potesse servire come traccia per iniziare a scrivere?

10 aziende. 10 link a 10 siti aziendali. Ok Ale, qua tocca fare il lavoro sporco, come si faceva una volta. Vi confesso che è stato un colpo di genio. Una giornata intera staccato da ogni forma di comunicazione esterna, si ogni tanto Telegram e il mio telefono si lamentavano della mia assenza dal mondo digitale ma … mi sono perso dentro il mio processo di analisi, di valutazione e di racconto di tutte le aziende. Ovviamente gli skill non sono solo quelli di scrittura, nel pezzo di cui sopra si parla sempre del cliente, in pochi si soffermano sul fatto che pochi sanno scrivere bene, che il copy è un lavoro, come lo è il programmatore, il grafico, il designer, l’insegnante, il pilota …

Va beh, gli skill di scrittura mescolati negli skill di web copywriting mi hanno rapito in un mondo di tecnologia super avanzata dove la prima sfida era capire chi fosse l’amministratore delegato dell’azienda. Trovare il profilo di Linkedin – pazzesco come CEO di aziende che stanno per fare il botto non abbiano un responsabile della digital reputation che sistemi i loro profili Linkedin prima di andare a fare lo speech più importante della loro vita – poi andare a trovare la loro mission. Sì la mission. Perché è nella mission che le aziende americane raccontano cosa fanno per i loro clienti. Si magari.

Anche le aziende di sicurezza informatica che stanno per presentarsi allo speech della vita … non sono in grado di sintetizzare in una frase o due quale sarà il vantaggio pazzesco che il cliente avrà scegliendo il loro prodotto.

E dopo il why, tocca andare a spiegare il come.

Sì, perché se sul why alla fine qualcosa la riesci a raccogliere qua e là nel sito, è il come che diventa veramente un disastro.

Perché per spiegare come un’azienda farà la differenza nella soluzione del tuo problema devi: capire il problema, capire la soluzione, spiegare il primo e il secondo in maniera che sia comprensibile a tutti i lettori.

Beh vi confesso che per alcune aziende è stato semplice riuscire a spiegare cosa facessero e dove fosse quel guizzo di genialità che poteva fare la differenza e il motivo per cui erano state portate a quel contest. Quando si inizia a parlare di mappatura olistica del grafo di grafici di tutta l’architettura di programmazione di un software con “tutte le interconnessioni all’interno dei vari livelli di codice e permette di identificare rapidamente le fonti di data leak, vulnerabilità critiche e violazioni della sicurezza/ compliance in anticipo e lungo l’intero ciclo di sviluppo del software” … ehhhh???

Va beh alla fine è stato veramente divertente andare a scartabellare in pagine su pagine di siti internet dai contenuti più o meno intellegibili e farli diventare qualcosa di interessante e di utile per il cliente.

La cosa più divertente sapete qual è stata? Alla fine ha vinto l’azienda che mi aveva attratto all’inizio di tutta la storia. Si quella su cui avevo letto la notizia sul mio Feedly. Tra dieci aziende che potenzialmente avevano la possibilità di fare il botto, ha vinto quella che aveva attratto la mia attenzione fin dall’inizio.

p.s. ecco i link agli articoli di quanto abbiamo scritto:

State of the Art della Sicurezza Informatica – Better is Better parte 1
State of the Art della Sicurezza Informatica – Better is Better parte 2

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Strategia Web

Il vero re del Data Marketing è il porno!

Che il Porno sia un business da sempre, e probabilmente per sempre, non è una grossa novità. Ci stupisce però sapere che il grosso del merito va proprio alle grandi compagnie proprietarie delle piattaforme di streaming porno che, a quanto pare, sanno fare benissimo il loro lavoro. E non parliamo certo della mera qualità contenutistica che a volte lascia invece a desiderare. Quello che fanno molto bene è offrirci esattamente quello che vogliamo. E come fanno? Attraverso una capillare raccolta di dati organizzati e sfruttati al meglio. Data Marketing insomma.

 

A suggerirlo è un’inchiesta uscita su Quartz. Pare, infatti, che PornHub raccolga più dati di quanto non facciano i colossi dello streaming come Netflix e Amazon Prime Video. I motivi sono svariati e complessi. Innanzitutto il porno-consumatore è un consumatore tendenzialmente occasionale o comunque si ferma sulla piattaforma solo per pochi minuti. Per questo motivo il fatto che PornHub, You Porn e via dicendo offrano video gratis e senza bisogno di iscrizione è un vantaggio competitivo enorme che ha fatto guadagnare loro un bacino di utenza larghissimo e differenziato. Questo è possibile perché il porno oggi è low cost. Anzi, il pubblico finisce spesso per apprezzare di più la veridicità e il video amatoriale piuttosto che quello prodotto con attori mediocri e poco realista.

 

Beh ridendo e scherzando Pornhub insieme a YouPorn ed a Redtube, tutte di proprietà della holding MindGeek, raccoglie la bellezza di 125 milioni di visite giornaliere. Not bad! E MindGeek non si lascia sfuggire la ghiotta occasione di sfruttare per bene quel patrimonio di dati, ma lo fa unicamente in casa sua, niente compravendita o profitto sulla pelle dei porno consumer. E cosa ci guadagnano allora? Visite e iscrizioni premium. MindGeek infatti ha una logica molto attenta al consumatore, non necessariamente per vendergli qualcosa, ma per soddisfarlo, è proprio il caso di dirlo.

Il lavoro che svolgono è impressionante. I video sono infatti tutti associati a uno script molto dettagliato che indica esattamente cosa sta accadendo in quella determinata scena in quel determinato istante: chi è presente in video (uomo, donna, trans, animale, ecc.) come è vestito o svestito e addirittura qual è il set (casa d’epoca, loft moderno, ambientazione rurale), cose che potrebbero apparire superflue, ma che vanno a segmentare in maniera ultra precisa gli utenti, andando a scovare le loro perversioni e i loro gusti sia inconsci che dichiarati. Altro che l’algoritmo di Netflix, scontato e talvolta già obsoleto: hai guardato una serie con adolescenti, ti propongo altre 8 serie per adolescenti pressoché identiche. Banale. L’abilità sta nel riuscire ad allargare i gusti dell’utente, affinché la sua fame di video o di porno, non finisca mai.

C’è, però, un aspetto più delicato in tutta la faccenda ed è quanto il porno influenzi la società stessa o quantomeno la sua sfera sessuale. Se è vero che le piattaforme offrono ciò che ci piace, è anche vero che in parte decidono cosa farci piacere. Oggi più che mai (visti i numeri del porno) è importante che non ci sia un uso scellerato di questo strapotere da parte dei colossi dei video hard. Ma i ragazzi di MindGeek sembrano avere la testa sulle spalle, tanto che PornHub ha messo online un’intera sezione del suo sito dedicata all’educazione sessuale. Se è vero che tristemente la formazione in materia di sesso è demandata solamente alla rete, tanto vale che lo si faccia coscientemente e in maniera approfondita. Non solo, ma Pornhub ha raccolto di buon grado la sfida alla parità dei generi tanto in voga negli ultimi anni. Partendo proprio dall’hashtag #metoo non si è fatto sfuggire la ghiotta occasione di raccogliere una grandissima fetta di pubblico da sempre (almeno nell’immaginario comune) più ostica al porno: le donne. E da allora, sempre grazie a un attentissimo lavoro sui dati ha sviluppato sezioni ad hoc e ampliato molto la varietà di contenuti per soddisfare anche il più esigente occhio femminile.

Insomma i nostri complimenti a MindGeek e in generale a una buona fetta dell’industria del porno che pur offrendo molti dei suoi servizi gratuitamente riesce a rinnovarsi continuamente e ad avere come focus sempre la soddisfazione finale del cliente.